Lettera di Michele per Pasqua 2019

Joaquim Gomes, Pasqua 2019

Qualche giorno fa mi è capitato un episodio curioso e semplice ma che mi ha aiutato a riflettere un po’ e ho pensato di condividerlo con voi.

Mentre rientravo in casa dopo un’intensa mattinata di impegni, ho visto Welson che mi aspettava davanti alla porta di casa. Lui è un ragazzino che partecipa attivamente ai nostri progetti e spesso passa a fare due chiacchiere con la scusa di un bicchiere d’acqua fresca.

Quel giorno Welson era più felice del solito ed era venuto per invitarmi a casa sua e farmi vedere una cosa che aveva ricevuto in dono. E dovevo andarci subito!

Lui abita nella parte più povera della città alla quale si arriva scendendo una stradina, quasi un sentiero, vicino a casa mia e risalendone un´altra. Vive in una casetta semplice, come tante qua: le pareti laterali di mattoni senza intonaco, il tetto basso, la facciata colorata con tinte forti, due stanzette divise in parte da una parete e in parte da una tenda.

Entrando nella casetta occorre abituare la vista: la visione rimane offuscata a causa del contrasto tra il fortissimo chiarore del sole e il buio delle stanzette senza finestre.

Mi chiama. Lo vedo correre veloce in fondo. Scostando la tenda e saltellando, mi indica il regalo che aveva da poco ricevuto: un letto a castello!. “Guarda ti piace?”

Dopo 12 anni di vita, Welson aveva finalmente un letto quasi tutto suo, da dividere “solo” con il fratello maggiore e la sorellina di 5 anni.

Non importava se il suo materasso fosse un vecchio materasso matrimoniale di gomma piuma tagliato malamente a metà. Che gioia, Welson!

Risalendo la stradicciola verso casa riflettevo su vari pensieri che Welson, senza saperlo, era riuscito a stimolare: e se fossi io?

E se fossi io?: tentare di mettersi nei panni degli altri o come dicono qui “andar nos sapatos dos outros”, camminare con le scarpe altrui, è un esercizio difficile che a volte può farci male.

È facile abituarsi alla povertà, se è quella degli altri. È facile vedere la normalità in situazioni che non dovrebbero esserlo dopo un po’ di anni che vivi in un contesto come questo.

Ma è molto importante nella vita cercare di immedesimarsi, riflettere sui problemi o sulle gioie degli altri come se fossero davvero i nostri.

E se fossi io!: a differenza dell’espressione col punto interrogativo, spesso viene spontaneo usare questa esclamazione per giudicare gli altri. Ci sentiamo portatori di facili soluzioni o di risposte certe e sicure, di essere quelli dalla parte del giusto e quelli che contano.

La gioia di Welson, la sua volontà di mostrarla mi ha fatto pensare. Molto! Allora per un giorno ci ho provato.

E se fossi io ad essere nato qui? E se fossi io uno di quei bambini che passano allegri, saltellando al mattino davanti a casa?

 

Sto andando a scuola!

Qui siamo in tantissimi, bambini e bambine. Verso le sette siamo tutti per strada in direzione alle varie scuole. Siamo allegri e ci piace anche studiare.

Penso che le nostre scuole non siano male.. ma non ne sono certo perché veramente non so come siano le suole in altri posti magari lontani da qui. Io studio assieme a una cinquantina di compagni e non abbiamo i banchi per tutti, però ultimamente almeno abbiamo una sedia ciascuno.

Nei mesi più caldi è un po’ faticoso perché la mia aula ha il tetto basso e senza le finestre, solo dei buchi ricavati tra i mattoni. Ci dicono sempre che metteranno un ventilatore ma ormai non ci crediamo più.

Le maestre sono brave perché quasi tutto quello che ci spiegano lo devono scrivere alla lavagna. Ho sentito dire che in altri posti si usano fotocopie e ogni alunno ha i propri libri. Beh, qui no…

Abbiamo un quaderno, una penna, una matita e una gomma ciascuno. É già capitato di non andare a scuola per uno o due giorni perché mi mancava uno di questi e mamma e papà non riuscivano a comprarli.

A scuola ci  sono dei libri, sono lì e a volte li usiamo. Raramente capita che la maestra ci dia dei compiti da fare a casa e ci impresti addirittura il libro. Quando succede è da restituire il giorno dopo.

Capita anche che alcuni venerdì non posso andare a scuola. A volte devo approfittare di questo giorno per racimolare qualche soldo. Ogni sabato qui c´è il mercato del paese e quindi vado con la mia carriola ad aiutare a montare i banchi. Quando succede la mia mamma va sempre ad avvisare la maestra. Lei conosce la situazione della mia famiglia e non si arrabbia. Alla fine mi spiace non andare a scuola, ma capisco e sono proprio contento di poter aiutare i miei genitori.

La scuola non funziona sempre perché spesso succede qualcosa: non è raro che manchi l´acqua o l´energia o la maestra è ammalata… quando è così vado e torno a casa, senza aver imparato nulla, anzi avendo imparato meglio il cammino dalla mia casa alla scuola.

 

E se fossi io uno di quegli uomini che sento parlare fuori dalla finestra alle tre del mattino? Beh, se fossi io non sarei qui nel letto coricato con ancora tre ore di sonno garantite.

 Il mio lavoro? Devo alzami presto, prestissimo. Tutti i giorni per sei mesi consecutivi, senza pause e senza pensare di poter staccare un po’.

Mi tocca fare questo perché sono un tagliatore delle piantagioni di canna da zucchero, devo approfittare dei sei mesi della raccolta. Le fabbriche di trasformazione funzionano con gli altiforni di cristallizzazione dello zucchero, auto-alimentati con gli scarti della lavorazione della canna stessa. Non possono abbassare le temperature, per questo una volta accesi devono essere mantenuti a temperatura, quindi noi lavoratori non abbiamo tempo per riposarci.

In più se lo facciamo, possiamo perdere il posto di lavoro. A Joaquim Gomes e in generale nel Paese siamo in molti, moltissimi in continua ricerca di lavoro. Se non ci sei tu, ce ne sono cinque o sei o più disposti a prendere il tuo posto. É la minaccia di chi ci ingaggia nel lavoro quando abbassiamo la guardia.

Se ci assentiamo per qualsiasi problema, anche quello più serio di salute,  bene, quel giorno non riceveremo la paga!

A proposito di paga, non mi è molto chiaro ma credo che sia bassa, forse bassissima: per la fatica che affrontiamo non penso ci paghino il giusto! Riceviamo poco più di 4 Reais, circa 1,2 Euro per tonnellata di canna tagliata. Se sono forte e esperto riesco a tagliare al massimo 11 tonnellate al giorno e le bocche da sfamare in casa sono tante.

A casa? A casa rientro sempre stremato, poi cerco di risolvere le piccole questioni quotidiane e per la stanchezza, con fatica, cerco di esprimere l ´affetto che provo per i miei cari che a volte mi sembra che possano pensare che non li ami abbastanza.

Fatto questo devo assolutamente recuperare le forze, il lavoro mi aspetta nuovamente tra qualche ora.

Credo che sul nostro lavoro ci guadagnino in molti. Credo che siamo sfruttati e non so se nel mondo si sappia di noi. Spero di si, spero che le persone, quando sentono il dolce dello zucchero nel loro caffè, sappiano almeno cosa c´è dietro a quella bustina.

Sento sulla mia pelle quanto è massacrante il mio servizio e non augurerei a nessun amico di iniziarlo. Ma sto parlando del mio lavoro, di ciò che mette il pane sulla tavola della mia famiglia. Questo è tutto quello che ho di prezioso. E per questo devo lottare e ringraziare.

 

E se fossi io una donna?

Una donna con mille problemi, pochi averi e molta speranza.

Mi alzo prestissimo al mattino sapendo che ho il carico della famiglia sulle mie spalle.

I nostri mariti escono presto per lavorare o sono costretti ad emigrare per molti mesi l´anno.

Ma noi donne non ci scoraggiamo nel dovere andare al fiume a lavare, nel cercare la legna per cucinare, nel riuscire a sfamare con pochi alimenti le tante bocche di casa.

Vedo in televisione altri livelli di vita ma non sono sicura che questi esistano veramente, se sì è perché probabilmente quelle donne valgono più di noi. Comunque sia, ringrazio per la mia vita e per la vita dei miei familiari!

 

E se fossi io… Grazie Welson, sei riuscito coinvolgermi nella tua gioia e a farmi pensare. Grazie a te sono ancora una volta più contento di essere qui con voi, almeno a condividere, anche se nelle mie scarpe, un po’ dei vostri passi.

 

Grazie a tutti voi, che riuscite ad interrogarvi a chiedervi: e se fossi io?

Grazie a voi che vi mettete in azione creando silenziosamente una bellissima onda di bene che fa il mondo più bello, più vivibile, più umano per tutti!

Prima di dormire, alla fine di quella giornata ho pensato: “Che grande dono! E se fossi io? Questa domanda Dio l’ha pensata!”. Sì, ma Lui ha anche agito: si è messo nei nostri panni, è nato come uomo, ha vissuto da uomo, ha gioito da uomo, ha sofferto da uomo e per finire ha espresso il senso più profondo per la nostra vita: la speranza, la resurrezione, la Pasqua!

 

Buona Pasqua 2019 a tutti!

Con affetto e riconoscenza,

Michele

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