Sono ormai diversi anni che la nostra associazione sostiene il progetto “Construindo o Futuro”, che le suore di Joaquim Gomes, insieme a un gruppo di animatori, portano avanti per i bambini e gli adolescenti del paese.
Riportiamo qui un’intervista che Martina ha fatto a Valdir, uno dei coordinatori del progetto, che ci ha raccontato quali sono i problemi che vivono le famiglie di Joaquim Gomes e come il progetto cerca di sostenerle e rimediare alle varie carenze.
Leggendo potrete avere un’idea del grande lavoro e dell’importanza educativa che il progetto svolge per i ragazzi del paese; questo avviene grazie al lavoro incessante delle suore e degli animatori in esso coinvolti e al fondamentale contributo che le famiglie qui in Italia offrono costantemente!
Come sono le famiglie di Joaquim Gomes e quali problemi hanno? Come il progetto “Construindo o futuro” cerca di rimediare a questi problemi?
Le famiglie di Joaquim Gomes sono composte da persone molto sofferenti, che lottano ogni giorno per garantire la sopravvivenza dei figli, la loro educazione e la loro salute. Sappiamo che alla base di tutto deve esserci l’educazione e il nostro paese non offre un‘educazione ampia per i nostri bambini, adolescenti e giovani, per questo le famiglie hanno problemi.
La famiglia, inoltre, inizia ad essere destrutturata e viene a mancare la buona convivenza famigliare che dovrebbe esserci. La mancanza di educazione incide anche sulla violenza famigliare che è una situazione molto seria presente nella nostra comunità. Per questo il progetto “Construindo o Futuro” cerca di dare una formazione ai figli per tentare di aiutare i genitori, affinché anch’essi possano vedere che la soluzione dei problemi sta nell’educazione, nel dialogo, nella comprensione tra genitori e figli. Quando questo succede le famiglie vivono meglio, nella condivisione degli impegni e delle difficoltà.
E’ una questione molto seria quella delle famiglie in Joaquim Gomes. Il padre deve andarsene in altri posti per garantire il sostentamento dei figli e già questo crea una situazione di disperazione per le famiglie: il padre che è lontano e la madre che deve trovare lavoro in posti fuori dal paese; e questo penalizza molto la formazione dei piccoli, dei bambini.
Il Progetto come tenta di colmare queste difficoltà?
Il Progetto tenta di riscattare queste famiglie e coinvolge i bambini per tentare di donare loro un futuro migliore. Un futuro che non si lasci trasportare dalle stesse condizioni con cui i loro genitori sono stati educati, dalla formazione che essi hanno ricevuto; il progetto cerca di riscattare in quel bambino, in quel giovane una dignità più grande, un’umanità maggiore, trasformando i bambini e i giovani e gli adolescenti in veri cittadini, sia nell’ambiente famigliare, che nel lavoro e nella comunità. Noi cerchiamo di risolvere questi problemi coinvolgendo la famiglia, cercando di capire qual è il problema che sta vivendo quella famiglia quando ad esempio il bambino arriva triste per fatti che sono successi in casa e i genitori si separano molto frequentemente e i litigi tra essi sono molto frequenti.
Il Progetto cerca di trasmettere un’educazione famigliare dentro le case, conoscendo, dialogando e, quando è possibile, aiutando anche con beni materiali.
Illustraci bene il progetto, come si è sviluppato, quali sono le maggiori difficoltà. Tutti coloro che vi partecipano arrivano da situazioni di disagio o c’è chi ha alle spalle una condizione migliore?
Il progetto nasce per questo, per offrire ai più sfavoriti nella società un’opportunità sociale maggiore, come Gesù si fece povero in mezzo ai poveri, essi sono la scelta prioritaria del Progetto.
Quando è nato io non facevo ancora l’animatore, credo che sia nato tra il 1998 e il 1999, poco dopo l’arrivo di suor Myriam e poi, con l’aiuto degli italiani, ogni anno si è sviluppato sempre più. E’ un legame forte che noi abbiamo: gli italiani ci aiutano con beni e con finanziamenti e noi mettiamo la nostra creatività, i talenti che abbiamo e cerchiamo di sviluppare il Progetto ogni anno e ogni giorno di più.
Certamente non è ancora conosciuto totalmente nella comunità, ci sono persone che non lo conoscono e alcune dicono che i bambini partecipano solo per giocare. Non è così, esso è organizzato per far sì che i bambini mostrino la loro creatività e i loro doni… così cerchiamo di aiutare loro a crescere e ad avere appunto un futuro migliore.
Ci illustri per favore, la struttura e l’organizzazione pratica del progetto?
Cerchiamo di innovarlo ogni anno, facendo anche entrare animatori nuovi. Ma per fare questo gli animatori devono avere prima una formazione comunitaria. Non si può prendere chiunque e metterlo a fare l’animatore. Oggi abbiamo 20 animatori che accompagnano i bambini e ogni mese ricevono la formazione su come possono educarli per un domani migliore. E gli animatori stessi si aiutano e crescono nella loro formazione e nella loro dignità gli uni con gli altri.
Quanti bambini partecipano al Progetto?
Adesso circa 250 ma abbiamo iniziato l’anno con 315. Alcuni dei più grandi però per disinteresse lasciano durante l’anno.
Perché c’è questo disinteresse?
A volte per la famIglia. La famiglia non incentiva il giovane a partecipare e quindi viene per volontà propria, se poi vede che gli piace continua, se invece vede che è qualcosa di difficile perde la volontà di partecipare e preferisce stare in strada.
Adesso abbiamo 250 bambini nei due turni, assieme al gruppo del centro Madre Esperança. I più piccoli partecipano in modo costante anche perché i genitori li spingono a venire e li portano; i più grandi sono già più indipendenti dai genitori e non si lasciano più controllare dalla famiglia e vogliono fare quel che vogliono e quando vogliono.
Inoltre, ogni giorno, tutti coloro che partecipano ricevono una merenda che inizialmente era costituita solamente da un bicchiere di succo e biscotti. Ora, grazie anche agli aiuti dell’ambasciata italiana, riusciamo a dare un panino o un piatto di pasta e così escono più soddisfatti, perché non sempre in casa hanno il cibo sufficiente.
Quali valori cercate di trasmettere?
Sempre, quando arrivano le difficoltà famigliari, gli animatori cercano di parlare con i bambini e dare una risposta che possa aiutarli ad alleviare loro sofferenze. Quando noi animatori iniziamo, dobbiamo sapere che saremo di esempio per i bambini e inoltre arrivano molti genitori per parlare con noi, dicendo che ci sono problemi in famiglia, che non riescono a comprare il quaderno, le scarpe, …e quindi gli animatori si preoccupano di aiutare quel bambino, quella famiglia e quando non si può aiutare con beni materiali si cerca di farlo con il dialogo, per mostrare il valore che il progetto ha, nel rapporto con le famiglie principalmente.
Qual è il tuo lavoro nel progetto?
Inizialmente ero animatore e mi piaceva molto, da 4 anni invece, con la partenza di suor Myriam e l’arrivo di suor Dezailda, sono passato nel coordinamento di uno dei due turni. Poi con la partenza di suor Dezailda sono diventato coordinatore di entrambi i turni. Per me è una missione, io considero il progetto non come un lavoro ma come una missione da sviluppare ogni giorno nel miglior modo possibile, con il meglio che posso dare. Quello che mi interessa non è il denaro che ricevo come contributo, ma l’amore che devo passare a quel bambino. Se non è per amore le cose non vanno avanti, se le si fanno con amore allora le cose vanno avanti bene. Chi sta li, deve essere convinto che il progetto deve andare avanti così. Il mio lavoro è quello di coordinatore, è difficile coordinare il progetto ma non è impossibile quando si ha l’amore e la speranza che il bambino un domani possa diventare un buon cittadino, una buona cittadina.
Quindi accompagno il progetto come coordinatore di 20 animatori e 250 bambini, è una responsabilità molto grande ma io cerco di riuscirci seguendo la volontà di Dio che è anche la mia.
Quali sono le maggiori soddisfazioni e difficoltà che hai incontrato in questi anni di progetto?
Credo che le maggiori difficoltà avvengono quando noi non riusciamo a rispondere alle necessità dei bambini e delle famiglie, quando non funziona bene ciò che abbiamo programmato come animatori..quindi nel progetto possiamo dire che non abbiamo le difficoltà presenti in altri settori, ma a volte abbiamo delle difficoltà tra animatori, derivate da incomprensioni, dal voler essere superiore…queste sono piccole difficoltà che possono succedere, ma quando vediamo che con queste cose si sta esagerando, ci fermiamo e si cerca insieme di risolvere il problema. La soddisfazione è quella di vedere, alla fine dell’anno, che abbiamo fatto il nostro dovere, è capire e sentire che è valsa la pena fare questa missione, trasmettere quell’amore per questi bambini e per le famiglie e sapere che queste cose non le stai facendo per te ma per il loro sorriso, sapendo che stiamo aiutando la nostra comunità e i bambini del nostro Paese ad avere un futuro migliore.