Lettera di Michele dal Brasile. Case di fango e paglia…

Case di fango e paglia…

il segno della crescente potenza economica?

Nella mia ultima visita agli accampamenti dei Sem Terra, nelle vicinanze di Joaquim Gomes, stavo cercando di trovare un segno della nuova e crescente potenza economica di cui tanto parlano i mass-media negli ultimi tempi.

Non è affatto facile riconoscere segni concreti della costante crescita finanziaria del “gigante”. Per lo meno in questa parte del Brasile sembrano proprio non essere presenti.

Sicuramente la buona politica estera e le illuminate riforme interne del governo Lula, hanno messo buone fondamenta e hanno dato una grande spinta all’economia del Paese, ma qui, in questo Nordeste abbandonato, già solo le baracche di paglia e fango in cui vivono innumerevoli famiglie, sono segno che questa realtà è ben distante.

In questa parte del Brasile quel che colpisce più di tutto è il persistere della mancanza di servizi di base che dovrebbero essere di diritto a tutti: salute, educazione, sicurezza e giustizia sono ancora privilegio di pochi.

La politica è sporca e corrotta, basta pensare che a Joaquim Gomes non esiste il sindaco da più di tre anni. Solo a dicembre di quest’anno (tra circa un mese) si arriverà a nuove elezioni in sostituzione di quelle bloccate dal giudice tre anni fa per acquisto di voti.
La forza della corruzione a tutti i livelli ha fatto sì che le nuove elezioni fossero rinviate di anno in anno fino ad oggi, con le conseguenze che si possono immaginare di una città senza governo e senza “legge”.

Il lavoro, per chi lo trova, è nella maggior parte dei casi temporaneo, nelle piantagioni di canna da zucchero; precario e senza alcun tipo di attenzione per i lavoratori, si trasforma quasi sempre in un servizio che rasenta la schiavitù.

Qui dicono che verso metà settembre la situazione delle famiglie migliora leggermente. In effetti, quando la canna è matura inizia la raccolta che da lavoro per circa cinque, sei mesi.

La casa in cui vivo è situata sulla piazza principale del paese e alle tre e mezza del mattino mi capita spesso di sentire i lavoratori che si radunano ad aspettare i pullman per poter essere trasferiti nelle piantagioni che a volte distano due, tre ore da Joaquim Gomes. capanna di paglia e fango in Brasile

Capita che i latifondisti non hanno bisogno di tutti i lavoratori che si radunano nelle piazze e dunque c’è sempre qualcuno che ritorna a casa desolato e senza prospettiva di soldi per quella giornata.
Alle cinque e mezza, sei della sera, quando già è buio da più di un’ora, incontro i vecchi pullman che rientrano dalle piantagioni e scaricano donne e uomini chini e senza parole per la stanchezza di un lavoro massacrante. In questo silenzio, quasi in processione ognuno si ritira nelle proprie abitazioni. A volte portano sulle spalle un po’ di legna per scaldare la cena.
Queste persone lavorano tutto il giorno sotto un sole caldissimo o la pioggia persistente per ricevere circa tre Reais (un Euro e mezzo) per tonnellata di canna tagliata e raccolta. Mi hanno detto che gli uomini più forti ed esperti riescono a tagliare in media 9/10 tonnellate al giorno.

E’ poco più di quattro mesi che sono qui a Joaquim Gomes e quasi mi sono abituato ad un aspetto brutto che rende ancora più difficile la vita di questa gente: la violenza.

Con la crisi della canna da zucchero che è cominciata anni fa, la città di Joaquim Gomes si è ingrandita improvvisamente accogliendo lavoratori che vivevano nelle campagne ma anche banditi scappati dalla capitale in cerca di un buon nascondiglio.
Subito si è diffusa una microdelinquenza che ha portato droga, furti ed assalti.
Ora la situazione è decisamente peggiorata e la microdelinquenza si è trasformata in un sistema organizzato ed armato.
Bande comandate da leader, si fronteggiano per avere la supremazia nel mercato dello spaccio che spesso coinvolge adolescenti ma anche pre-adolescenti.

In vari quartieri esistono quelle che qui chiamano le “Bocas de fumo” ovvero le cove dove si spaccia e dove vivono i leader delle varie bande. Protetti dalla gang, sempre composta da giovani armati, questi capi comandano e movimentano il giro, decidono chi deve essere eliminato, influenzano e vincolano la vita delle persone comuni che vivono nel quartiere.

Tre giorni fa, il giorno della commemorazione dei defunti, alle tre del pomeriggio (quindi in pieno giorno) mi trovavo in visita nel piccolo cimitero che è situato nel centro del paese, ero con un animatore dei progetti missionari quando abbiamo sentito una raffica di spari e poi alcuni colpi più distanziati. Alzando gli occhi e guardando fuori dalle mura del camposanto, poco distante da dove eravamo, vedevamo il fumo delle pistole che ancora si alzava verso il cielo e a terra un corpo di un giovanissimo; poi un silenzio assoluto e poco dopo tanta gente che correva verso il corpo gridando e piangendo.
Nonostante i dodici colpi ricevuti, di cui uno alla testa, il ragazzo è riuscito a resistere in vita ancora per dodici ore. Il giorno prima era stato lui a sparare quei colpi di pistola che avevo sentito fuori dal centro parrocchiale, quando in serata ero seduto a scrivere al computer. Lui non era riuscito nell’intento di ammazzare e l’indomani la banda rivale veniva già a vendicarsi per quell’attacco fallito.

La polizia interviene con azioni non adatte e a volte la complicità con i delinquenti è tanto esplicita da mettere paura.

Su un piccolo quaderno ho deciso di segnare con una crocetta i giovani morti assassinati di questo piccolo paese e di tanto in tanto pregare in modo particolare per loro. Mi fa effetto pensare che sono qui da poco più di quattro mesi e le crocette sono già nove!

In questo tristissimo scenario, dove la situazione a volte sembra addirittura peggiorare nel tempo, e dove dell’alta economia non si vede neppure l’ombra, esistono persone che mettono tutto l’impegno e la costanza per proporre un cammino differente, per dare il giusto valore alla persona e alla vita, per ascoltare e risvegliare gli animi, per cercare di creare prospettive positive e differenti per i giovani, per curare, assistere e dare nuove occasioni a questo popolo desideroso di cambiamento. Sono le suore missionarie che, assieme al prezioso, numeroso, e ormai spontaneo appoggio di moltissimi volontari laici, si spendono ogni giorno di più.

Oltre i progetti missionari permanenti, le iniziative per sensibilizzare e per creare opportunità sono sempre moltissime.
Ad esempio negli ultimi mesi, assieme alla comunità si sta costruendo una cappella nel quartiere più povero e carente del paese.
Ogni quindici giorni ci si organizza in gruppo di circa quaranta volontari e si vive una giornata al servizio, mettendo a disposizione la propria manodopera o ciò che si è capaci di fare o donare.
Il lavoro di costruzione della cappella non è solo edificare un ambiente di culto ma è anche costruire assieme un luogo sano, in cui le persone di questo quartiere potranno formare e vivere sempre di più la comunità.

Nella notte tra sabato 12 e domenica 13 novembre assieme ad alcuni giovani componenti della comunità parteciperò alla Roamaria della Terra e dell’Acqua. Una marcia notturna organizzata dalla Commissione Pastorale della Terra per pregare e rivendicare i diritti per la Terra e l’Acqua; migliaia di persone marceranno con l’allegria tipica di questa gente, per chiedere l’applicazione della Riforma Agraria: una ridistribuzione equa della terra dopo che la storia l’ha sottratta al popolo e agli indios dandola in mano ai colonizzatori prima e ai latifondisti dopo.
Questa marcia ha anche l’intento di sensibilizzare al rispetto e alla cura dell’ambiente come dono di Dio per gli uomini.
Tanti piccoli ma importanti sforzi…

In questa mia esperienza, nel mio piccolo cerco sempre di impegnarmi il più possibile nei servizi a cui sono chiamato.
Oltre all’animazione rivolta a bimbi e adolescenti e alla visita settimanale presso alcuni accampamenti di Sem Terra, sono impegnato nell’orto comunitario della missione.
Proprio in questi giorni abbiamo terminato la costruzione di una serra idroponica. La scorsa settimana abbiamo iniziato a seminare i primi duecento semi d’insalata che raccoglieremo verso metà dicembre e che dovrebbero diventare la costante raccolta settimanale.

In questo contesto, quando sembra che il rumore del male riesca a coprire l’azione umile e silenziosa della solidarietà, mi viene sempre in mente il detto che dice: “fa più rumore l’albero che cade che la foresta che cresce!”

Stando qui ho imparato ad dare un valore ancora più alto agli aiuti che arrivano dall’Italia e alla solidarietà in generale; ed ora che la crisi sembra colpire forte anche la mia terra, apprezzo ancora di più lo sforzo di tante numerose famiglie e persone che nonostante tutte le difficoltà non abbandonano l’impegno cristiano di aiutare il prossimo, anche quando non lo si conosce di persona.

Tutto questo dona luce di speranza e spinta nuova nel compito di costruire insieme un mondo migliore!

Un saluto a tutti,
Michele

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