Lettera di Michele per Natale 2017

Quante Betlemme, quanti Giuseppe, quante Maria e quanti Gesù…

Se è vero, ed io ci credo profondamente, che gli incontri umani, la conoscenza delle storie vissute, il dialogo e la condivisione fanno la vita più completa e ricca, io ringrazio profondamente per  l’opportunità di vivere questa esperienza!
Qui non puoi camminare solo, basta uscire di casa e sei coinvolto nell’incontro, sei affiancato nel cammino, sei salutato dallo sconosciuto e sei abbracciato dall’amico.
Se devo dire cos’è la mia esperienza a Joaquim Gomes mi verrebbe da dire: un’immersione in un mare di umanità!

Un’umanità fatta di bambini semplici ma allegri, di donne sole ma forti nel portare avanti famiglie numerose, di uomini stanchi per i lavori massacranti nelle piantagioni di canna da zucchero, ma sereni nella speranza e felici delle piccole conquiste
quotidiane, di anziani che in realtà non sarebbero troppo anziani per le nostre età, e che hanno sempre qualcosa di bello da raccontare ed insegnare.

In questo tempo di Natale sto ripensando un po’ alla mia vita qui a Joaquim Gomes ed in Brasile in generale: quanti Betlemme, quanti Giuseppe, quante Maria e quanti Gesù ho già incontrato in questa mia esperienza missionaria!

Penso a Giuseppe: il lavoratore, il papà.
Qui si chiama Cicero, Pedro, Gil, Antonio, Mario, Luiz, José… Si chiama con i nomi dei lavoratori che ogni notte alle tre si concentrano nelle piazze per essere trasportati nelle piantagioni di canna da zucchero, dove lavoreranno pesantemente dieci, undici, dodici ore.
Giuseppe, quelli di qui, escono prestissimo per tornare a casa nel pomeriggio tardi.

Li vedo quotidianamente, quando il giorno inizia di nuovo a farsi notte, scendendo silenziosi e chini dai vecchi pullman rumorosi ed impolverati. Il loro silenzio al rientro è sicuramente per la stanchezza della
giornata, ma forse anche per un sentimento di rabbia nel poter portare a casa solo circa11 euro, sudati e ricevuti in cambio del proprio “sfruttamento legalizzato”; consapevoli ma obbligati ad accettarli perchè unico mezzo per sfamare i propri figli.

Penso a loro, che sento tutte le notti chiacchierare fuori dalla porta della mia casa mentre io sono proprio nel pieno del riposo. Da qualche settimana li penso ancora più chiaramente con i loro volti, ora che da qualche giorno li ho conosciuti meglio. Durante una settimana comunitaria realizzata nella mia casa con una decina di amici ed amiche.

Nel, nel vivere il tema della “gioia del servizio”, ci siamo proposti di alzarci alle due e mezza, aprire la chiesa della piazza, donare una semplice colazione a tutti, fare un canto e una preghiera assieme.
E’ stato il giorno, o meglio la notte più bella del mio anno e forse di quando sono qui!
E’ stato coinvolgente ed emozionante soprattutto quando loro, i Giuseppe, salendo sui pullman per partire si giravano per ringraziarci, con lo sguardo riconoscente ma un po’ stupito: loro i più di-svalorizzati di questa società avevano ricevuto un po’ di attenzione…

Penso a Maria: la donna di fede, la mamma.
Qui si chiama Antonia, Elenilda, Bia, Marielce, Rita, Nina, Maria…
Donne che incontro sempre con un sorriso nonostante le loro vite difficili. Donne forti nell’affrontare la vita e nella fede! Donne che ti raccontano problemi enormi ma che sempre concludono dicendo: ma tutto bene, Dio ci benedica!
Portano avanti con impegno le faccende domestiche, di case piccole ma di famiglie numerose. Hanno età differenti ma quasi tutte sono diventate mamme in età ben giovanile, proprio come la Maria di Betlemme.

Poi é facile pensare a Gesù, a Natale appena nato.
A Gesù: Bambino della semplicità e dell’umiltà.
E’ facile perchè di bambini questa “Betlemme” ne è piena! Qui Gesù Bambino si chiama con il nome di Welson, Geovana, Eduardo, Flavia, Davì, Mikaela,
Edejeferson, Luzia, Gabriel, Lila…
Bambini semplici, allegri e volenterosi nell’imparare.
Ma anche bambini responsabili, spesso chiamati a crescere troppo in fretta, ad occuparsi dei fratellini più piccoli, a convivere con grandi problemi familiari, ad operarsi nell’aiutare le mamme e i papà.
Durante la giornata vivono sempre assieme ad altri bambini, a scuola, per strada, in piazza, al fiume, nei nostri centri e progetti. Qui i bambini non sono mai soli, qui i bambini sono sempre con altri bambini.
In questo Natale penso in particolare ad Edejeferson, un piccolo amico di 11 anni, vive poco distante dalla mia casa e spesso viene a trovarmi.

Ha vissuto gli ultimi mesi con molta sofferenza nel vedere la mamma malata di Schistosoma, un verme preso dall’acqua del fiume.
Edejeferson ha sei fratelli e sorelle, il papà non si ferma mai in casa, se non per riposarsi tra un turno di lavoro e l’altro, come tanti costretto a lavorare per aiutare la famiglia a “passare” la giornata.

Tre settimane fa, al mattino presto Edejeferson é venuto a chiamarmi a casa, ha solo scosso la testa senza dire nulla, ho subito capito che per lui questo Natale sarebbe stato molto difficile. La giovane la mamma era
mancata. Mi colpisce sempre quanto qui la morte faccia più parte della vita. Edejeferson si è caricato di coraggio e responsabilità. Ha pianto, ma poco.

Lo stesso giorno abbiamo accompagnato la salma al cimitero e tornando a casa mi diceva le sue preoccupazioni. “Ora tocca a me e ai miei fratellini! Dobbiamo occuparci della casa. Io devo ricordarmi delle raccomandazioni di mia mamma, di aprire l’armadio ogni tanto per non fare ammuffire i vestiti! Devo pensare a chi regalare il vestito che l’anno scorso era riuscita a comprarsi dopo anni di sacrifici…”

Mi viene in mente con tenerezza Welson di nove anni, di una famiglia numerosa e poverissima.

Ad agosto gli ho promesso che se continuava ad impegnarsi a scuola a Natale gli avrei donato qualche biglia. Da allora conta i giorni che mancano al Natale… Cos’è per noi una manciata di biglie? Per Welson un  bellissimo regalo, tanto desiderato, atteso e conquistato con grande impegno. Tutto è davvero relativo!
Per tutto questo, per la presenza di tutti loro nella mia vita ringrazio ogni giorno.
Alla sera quando mi corico, spesso stanco per i mille impegni, sono felice!

Qui il Natale c’è, qui si incontra veramente e tutti i giorni!
A nome di tutti, i Giuseppe, le Marie e i bambini Gesù di qui, vi ringrazio di cuore perchè se vogliamo tornare a Betlemme, voi che ci aiutate e sostenete siete come i pastori, i primi ad arrivare, attenti al prossimo, sensibili alla chiamata, pronti all’incontro, al riconoscere in un bambino il messaggio di Speranza di un Mondo Nuovo, più umano e bello per tutti!

Buon Natale e felicissimo Anno Nuovo!
Michele e tutta la comunità di Joaquim Gomes

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