Diario di Viaggio di Francesca F.

Avevo salutato il Brasile nel 2012 e dopo 6 anni ho deciso non solo di tornare, ma di farlo in modo diverso dalle scorse volte: da sola. Sapevo che sarebbe stata un’esperienza importante e mi sentivo pronta per partire. Sono riuscita a realizzare che finalmente stavo tornando solo quando ho rimesso piede nella “Casa degli italiani”, molto diversa da come me la ricordavo.

Sei anni possono sembrare un’eternità o un battito di ciglia nello stesso momento: un’eternità quando rivedi i ragazzini con cui giocavi nel 2012 ormai uomini, con una voce diversa e un destino quasi segnato. Un battito di ciglia quando passeggi tra le strade e le case di Joaquim Gomes, visiti i progetti della missione o abbracci i vecchi amici con cui collabori dall’Italia. É proprio questa la cosa mi ha stupita di più: ritrovarmi, seppur dopo tanto tempo, in un luogo familiare. Penso che partecipare alle attività dell’Associazione ti permetta di non allontanarti mai e di vivere un cammino come quello raccontato da De Gregori: “con le stesse scarpe camminare per diverse strade, e con diverse scarpe su una strada sola”. E con queste esperienze, capisco profondamente il senso di questa frase.

La permanenza a Joaquim Gomes è stata molto intensa: tanti impegni, tanti incontri, tante storie. Avevo maturato da così tanto tempo l’idea di tornare che mi sentivo una fabbrica di idee e di attività da proporre, progetti, sogni, per costruire e dare un ritmo diverso a questo “cammino”. Mi sono sentita come sempre ascoltata e accolta come un’amica di sempre, da tutti: dalle suore, che con il loro servizio e la loro missione si sono sedute al tavolo con me e con penna e quaderno di sono appuntate le mie proposte; dai funzionari e i responsabili dei progetti, che si sono fatti trascinare dalle mie idee, mi hanno fatto sentire a casa e con cui ho condiviso l’importanza di curare sempre di più il legame tra i progetti e l’Associazione; da Michele, il compagno di viaggio, il mediatore che ha dato significato ad ogni mio punto interrogativo; dalle persone del posto, che hanno sempre riservato un sorriso per “l’italiana” che passeggiava per le loro strade; e dai bambini, il vero sale di questa terra.

Andare a Joaquim Gomes da sola è stata per me una grande sfida e ora che sono tornata posso dire che è stata una grande scoperta. Ho potuto conoscere la quotidianità di quel paese, la normalità delle relazioni, i ritmi di quella vita. E con queste cose, ho potuto conoscere anche numerose problematiche che in gruppo e ancor di più dall’Italia è difficile cogliere. Ci sono storie che hanno un peso indescrivibile. Conoscere le situazioni in cui vivono i bambini che ti vengono a trovare a casa o le famiglie che ti accolgono nella loro casa mi ha portato più volte a incupirmi, con un solo pensiero che mi frullava nella testa: nessuno merita di vivere certe situazioni di violenza, emarginazione, abbandono. Nessuno. Volevo caricarmi del dolore vissuto da quelle persone, anche se in piccola percentuale, per alleggerirle almeno per qualche minuto. Perché lasciare che una famiglia porti da sola un dolore grande come la perdita di un figlio, l’incertezza del domani, la mancanza di speranza per il futuro? Perché lasciare che i bambini crescano in situazioni di indifferenza, violenza, carenza? Una carezza, un abbraccio, un sorriso non costano nulla, ma sembrano avere un effetto enorme. Forse perché sei l’ospite, la novità, l’eccezione alla loro quotidianità, ma sembra davvero che la sola presenza e l’interesse verso di loro abbiano un valore immenso. E allora torni e continui a chiederti: se fossi rimasta, se fossi stata più presente.. non sarebbe cambiato davvero nulla nella vita di quei bambini, ora giovani adulti, che rischiano di perdersi?

Questo atteso ritorno a Joaquim Gomes mi ha permesso di dare ancora più valore ad una cosa in cui credo profondamente: il tempo. Il tempo è cura, rivelazione, crescita, rinascita. E’ una sfida, un’occasione di rivincita, una speranza. Lo è per tutti, e lo è stato per me.
La canzone brasiliana “Frutos da terra” mi ricorda quanto la natura ci insegni il valore di questo tempo, della semina e della preziosa attesa dei suoi frutti: “O fruto bom dà no tempo, no pé pra gente tirar, quem colhe fora do tempo não sabe o que o tempo dà”.

Nella speranza che questa sia solo “la prima raccolta” dei frutti che il tempo mi ha preparato, saluto Joaquim Gomes, la sua gente, i miei amici.

Tchau JG,
Frà

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