Case con tetti di foglie di banano, campi di aranci che corrono verso un’infinita linea di un orizzonte diverso, quello di un altro emisfero. E’ il Brasile, è lo stato del Sergipe.. è una piccola città chiamata Cristinapolis. Tante persone, colorate e sorridenti, ci hanno accolto.
Noi eravamo in sei. Piossasco, Sangano, Cuneo le nostre città. Ragazzi con un’età compresa tra i 18 e i 25 anni. Francesca, Giorgia, Sara, Stefano sono studenti. Massimo e Gianluca lavorano. Vite e interessi forse diversi ma una stessa necessità: quella di lasciarsi travolgere, anche se per pochi giorni, dall’emozione di un sorriso incondizionato, dal calore di chi spesso fa del proprio calore umano l’unico possibile dono per il viandante errante e curioso che bussa alla sua porta. Certo, non tutti lì hanno una porta, ma poco importa.
Le attività del “Gruppo di solidarietà internazionale amici di Joaquim Gomes” hanno permesso di finanziare l’acquisto di dodici bici che ci sono servite per spostarci tra le venti comunità, chiamate “povoados”, che abbracciano il centro della città. Abbiamo visitato le case, le chiese, le scuole. Una fugace visita alle prigioni di Stato e poi ancora bambini, scuole e bambini.
Camminando per le strade, infangate da sei mesi di pioggia, percepisci gli odori di un mercato colorato e brioso, il pianto del bimbo che soffre per una puntura di zanzara, infetta, a causa della mancanza di anticorpi dovuta ad una sporadica alimentazione. E sullo sfondo c’è ancora quel mercato dove ognuno prova a vendere ciò che ha, un miraggio per chi il mercato non può neanche avvicinarlo, la vita per chi la vita la perde tra banane, cocco e acqua tutt’altro che potabile.
No, amici che state leggendo questo nostro racconto, non siamo andati così lontano per portare cibo e medicinali. Non abbiamo mai avuto la presunzione di voler salvare una parte così piccola di mondo, ma forse la speranza di voler salvare noi stessi.. bè.. forse quella si. Siamo andati a prendere briciole di una civiltà diversa, ad arricchirci di un po’ di gioia. Esseri umani padroni solo della propria identità che vivono battendo il tempo della propria vita con rintocchi lenti e pacati in attesa che qualcuno si presenti davanti alla loro casa per dar loro la possibilità di poter raccontare una storia.
La nostra presenza non è stata altro che un atomo temporale breve ma troppo intenso per essere dimenticato, così come sarà difficile dimenticare chi ci ha ospitati: Padre Raimundo e le suore della “Confraternita delle suore Giuseppine” di Pinerolo, suor Rizo, suor Miriam e suor Lucia. Determinate, pronte in qualsiasi momento ad accogliere nella propria casa e nella propria anima chiunque si perda tra le strade di una vita difficile vissuta tra le strade dell’America Latina, in una parte di mondo lontana nella quale si parla una lingua europea.. e questo forse riesce ad avvicinarla un po’ a noi.
Francesca, Giorgia, Sara, Stefano, Massimo e Gianluca