Una vita spesa per i più deboli

Sono stati moltissimi i ricordi ed i pensieri che abbiamo condiviso nei giorni della morte di suor Daniela.
In tanti abbiamo partecipato a questo dolore; dagli amici e compagni della giovinezza a Piossasco, a coloro che hanno collaborato con lei nelle sue varie attività di servizio in Italia, ai volontari che hanno vissuto da lei l’esperienza della missione, fino a tutte le persone che l’hanno conosciuta, anche solo in modo indiretto, in seguito al forte legame che unisce la nostra comunità con quella di Joaquim Gomes.

Dalle storie dei singoli o dalle esperienze comunitarie riviste in quei giorni, dall’intreccio di scelte di vita più semplici o più radicali intraprese da coloro che in qualche modo hanno incrociato la vita di suor Daniela, è emersa una chiara evidenza: le grandi scelte di vita, di fede e di amore, sono capaci di generare un’onda infinita di bene, che si moltiplica e si riproduce da persona a persona, da un cammino di vita all’altro, dai singoli alle comunità.
Ci è sempre difficile intravedere i frutti dell’amore, il bene che si diffonde, la speranza di cambiamento, e spesso cediamo alla tentazione di credere che il male sia più capace di contagiare, che l’ingiustizia e l’egoismo si diffondano in modo incontenibile e che i valori si dissolvano di generazione in generazione.

I giorni della morte di suor Daniela ci hanno invece insegnato e dimostrato che i gesti di amore, a partire dai più semplici, i percorsi di vita forti e coerenti, sono capaci di generare frutti inaspettati e far riscoprire il volto di amore del Signore a coloro che ne sono toccati.
Di tante storie di vita, amicizie fraterne, iniziative di dono e di servizio, nate dall’incontro e dalla testimonianza di suor Daniela ed emerse in questi giorni, probabilmente lei stessa non ne aveva conoscenza e consapevolezza in modo completo. L’Amore, se alimentato, è capace di lievitare e agire sulle persone, in modo inaspettato e con grande abbondanza. Fare il bene, seguendo l’Amore del Signore con passione, senza scoraggiarsi ma con dedizione e sacrificio, porta i suoi grandi doni: questa è una delle ultime lezioni che ci ha donato la vita di suor Daniela.
Una storia di vita che, secondo le nostre aspettative umane, sarebbe dovuta durare ancora molto e ancora tanto avrebbe potuto dare.
Fino agli ultimi giorni della sua malattia i suoi pensieri sono stati sempre rivolti alla sua gente e al suo desiderio di tornare presto nella sua comunità di Joaquim Gomes. La comunità che, insieme a lei, è cresciuta e che è stata la sua famiglia per ben 22 anni.
Dal 1989 al febbraio 2012 (quando suor Daniela è partita dal Brasile per curare la malattia che appariva inizialmente limitata e circoscritta), è infinito il numero di persone più povere e in difficoltà da lei curate e ascoltate, i progetti attivati con le consorelle e con l’aiuto dall’Italia, le lotte di giustizia portate avanti con coraggio ed i chilometri di strade di fango percorsi a piedi tra le vie di Joaquim Gomes o in fuoristrada per raggiungere le fazendas o gli accampamenti di senza-terra più distanti.
Mantenendo sempre forte il legame con Piossasco, in una delle sue lettere, nell’aprile del 1989 scriveva all’allora parroco don Guido e alla comunità, raccomandandosi alle preghiere di “tutti gli amici di Piossasco, perchè il Signore mi aiuti a lasciare con serenità l’Argentina e la gente a cui mi sono molto affezionata, perchè mi dia coraggio e generosità per incominciare una vita nuova in Brasile.”
Si concludevano così i primi otto anni di missione in Argentina dove, a Buenos Aires, ha lavorato attivamente come superiora nella casa di accoglienza per ragazze madri, appassionandosi alla formazione e all’educazione delle ragazze e dei loro bambini, accompagnate alla crescita personale e all’avvio della loro nuova famiglia. Ma la vita di missione, durata 30 anni, è soltanto l’ultima parte della sua vita da religiosa.

Riprendendo dagli inizi la storia di Suor Daniela, ritorniamo alla sua nascita a Piossasco, il 30 giugno 1940, da papà Michele e mamma Caterina. Nello stesso giorno viene anche battezzata, nella chiesa di San Vito, col nome di Maria Albina.
Tramite alcune religiose originarie di Piossasco aveva conosciuto le Suore di San Giuseppe e, attratta dall’ideale della consacrazione religiosa, dopo un’intensa attività parrocchiale, era entrata in Congregazione l’8 settembre 1958.

Fece la vestizione il 29 agosto 1959; nella domanda che rivolge al Consiglio per rivestire l’abito religioso, scrive: “… fiduciosa nell’aiuto del Signore che costantemente invoco e a cui voglio donare tutta me stessa…”. Donare tutta se stessa al Signore: ecco lo scopo della sua vita; il giorno della vestizione inizia per lei questo cammino di donazione ed ella dice alla mamma che piange: “Non piangere, mamma: questo è il giorno più bello della mia vita!”
Il cammino di formazione continua nei due anni di noviziato e il 28 agosto 1961 Maria Albina, che aveva assunto il nome di Suor Daniela, fa la sua prima professione religiosa. Anche negli anni di noviziato le sue compagne la ricordano come una giovane generosa e assennata, che si presta per aiutare dovunque c’è bisogno e la maestra, Suor Ilaria, le affida compiti di responsabilità verso le compagne più giovani, che emetteranno i voti perpetui il 30 agosto 1966.

Con la formazione religiosa inizia anche la preparazione professionale: nel 1961, Suor Daniela viene inviata alla Scuola Convitto dell’Ospedale Maggiore S. Giovanni Battista di Torino e vi consegue il diploma di Infermiera professionale e, l’anno seguente, ottiene il certificato di abilitazione a funzioni direttive nell’assistenza infermieristica (caposala).

Si può dire che Suor Daniela, negli anni dal 1964 al 1977, si sta preparando, come infermiera e catechista, alla futura missione in America Latina: svolge infatti l’impegnativo compito di infermiera, caposala e per due anni direttrice della Scuola convitto presso l’Ospedale Civile di Pinerolo e intanto perfeziona la sua preparazione in campo catechistico e opera direttamente come catechista nella parrocchia di San Donato in Pinerolo. Anche quando è trasferita come infermiera a Villa Serena in Piossasco segue la pastorale e la catechesi nella Parrocchia S. Francesco d’Assisi.
Dal 1977 al 1979 viene però inviata in una missione particolare, come direttrice di un gruppo Abele nella comunità di Rivalta, in collaborazione con Don Ciotti; è una esperienza di punta e lei, sensibile ai problemi dell’uomo, specie dell’uomo che soffre, si butta con generosità in questo nuovo servizio in cui c’è tutto da inventare, in cui l’accoglienza, lo stare vicino, l’incoraggiare e il richiamare…è pane quotidiano e fare la direttrice vuol dire anche prestarsi per riordinare e lavare i panni sporchi di questi giovani che faticano a trovare un assetto buono di vita. Anche negli anni di servizio nei Sanatori di Pra Catinat si era impegnata con il bel gruppo di medici e di consorelle per curare e rasserenare i giovani malati a volte scoraggiati per la lontananza dalla famiglia.
Della sua esperienza al Gruppo Abele, ecco la testimonianza letta al Rosario, la sera della veglia funebre, il 28 giugno: “Di Suor Daniela ricordiamo i suoi racconti dell’esperienza a Rivalta da giovane suora. Con entusiasmo e coraggio insieme a don Ciotti avviava il gruppo di appoggio ai tossicodipendenti: erano i primi passi del Gruppo Abele. Da sempre ha saputo cogliere il comandamento “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” offrendo la vita per amore di chi incontrava sul suo cammino”.

In seguito a questi anni di servizio e di formazione e dopo aver svolto il compito di Consigliera della Congregazione (1975-1981), giunge il momento della missione, vissuta con passione ed entusiasmo e conclusasi con il rapido saluto alla sua gente di Joaquim Gomes, per l’improvvisa partenza, necessaria per curare la sopraggiunta malattia.
A proposito della sua vita missionaria, così l’hanno ricordata i ragazzi che hanno vissuto l’esperienza di volontariato a Joaquim Gomes, durante il Rosario: “…si illuminava di gioia ed attenzione materna ogni volta che entrando nelle tre scuoline veniva abbracciata da tutti i suoi piccoli bimbi. Suor Daniela ci ha sempre insegnato a valorizzare tutti, partendo dai più poveri.

Ha amato gli ultimi nella costante convinzione che in ogni persona esistano potenzialità e talenti e che valorizzando e credendo in questi, tutti possano avere il proprio riscatto.
Suor Daniela desiderava con tutte le sue forze ritornare fra la sua comunità del Brasile; alla fine di febbraio, quando la malattia sembrava darle un po’ di tregua, subito aveva voluto farsi portare in questura per il rinnovo del passaporto e, soddisfatta e speranzosa, ci comunicava che le era giunto il passaporto rinnovato”.

Sembra ancora impossibile che la storia di suor Daniela dovesse finire così ed in modo rapido e inaspettato. Forti sono stati i ricordi e le testimonianze che si sono avvicendate nei giorni della sua dipartita e che ci devono essere di insegnamento e consolazione.
Il desiderio di seguire il mandato dell’annuncio del Vangelo nel mondo è sempre stato vivo in lei. Ha sempre saputo agire per questo, superando, grazie alla sua incrollabile e tenace fede, la difficoltà di essere distante dalla famiglia, dalla sua terra, dalla sua cultura.  Ha testimoniato con la sua vita la bellezza di un Vangelo vissuto per gli ultimi ed oggi affida a noi questo mandato.
Continuiamo nel suo ricordo, attraverso le nostre forze e le nostre azioni, ciò che da lei è stato realizzato, curando i semi che la sua testimonianza ha posto in noi, affinché questi possano germogliare, produrre nuovi frutti e rafforzare sempre più il legame con i poveri, l’impegno contro le ingiustizie ed il servizio di Amore verso il prossimo, cercando di vivere tutto ciò come testimonianza vera e quotidiana del Vangelo.

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